L'articolo 12, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, introducendo il comma 4-bis all’articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, ha previsto la facoltà, per le lavoratrici dipendenti, di utilizzare il congedo di maternità in forma flessibile, posticipando un mese dell'astensione prima del parto (l’ottavo mese di gravidanza) al periodo successivo al parto.
Come da circolare INPS n. 106 del 29/09/2022, la lavoratrice che intende avvalersi dell'opzione in discorso deve presentare apposita domanda al datore di lavoro e/o committenti, corredata della o delle certificazioni sanitarie, acquisite nel corso del settimo mese di gravidanza, attestanti che la prosecuzione dell’attività lavorativa durante l’ottavo mese di gestazione non arrechi danni alla salute della lavoratrice interessata e del nascituro.
L’articolo 20 del decreto legislativo n. 151/2001 prevede che tali certificazioni, per essere ritenute valide, siano rilasciate da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale o da un medico convenzionato, nonché, dove previsto, dal medico aziendale.
Le attestazioni sanitarie di cui al menzionato articolo 20, che non siano state redatte nel corso del settimo mese di gravidanza, non consentono di continuare l’attività lavorativa per i giorni dell’ottavo mese successivi alla data di rilascio delle attestazioni, comportando l’integrale respinta dell’opzione di flessibilità, con conseguente calcolo del periodo di maternità secondo le “ordinarie” modalità, ossia due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo la data effettiva.
Tutto ciò premesso, al fine di contrastare il crescente aumento dei ricorsi amministrativi e in alcuni casi anche giurisdizionali e al fine di garantire un’applicazione delle norme maggiormente aderente all’attuale contesto lavorativo sempre più orientato verso forme di flessibilità, nonché a favorire la maggiore tutela delle lavoratrici madri, si precisa che l’assenza o l’acquisizione non conforme al dettato normativo delle certificazioni sanitarie di cui trattasi, non comporta conseguenze sulla misura dell’indennità di maternità. Pertanto, la documentazione sanitaria di cui agli articoli 16, comma 1.1, e 20 del decreto legislativo n. 151/2001, non deve più essere presentata all’INPS, ma solamente ai propri datori di lavoro/committenti.
Si rammenta che il certificato telematico di gravidanza, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo n. 151/2001, deve essere, comunque, trasmesso all’INPS da un medico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato, attraverso lo specifico canale telematico.
Il nuovo orientamento deve essere adottato anche con riferimento alle domande già presentate e in fase istruttoria, oltre a interessare, su richiesta da parte della lavoratrice interessata, in via di autotutela, salvo intervenuta prescrizione, le domande eventualmente definite in maniera difforme al medesimo predetto orientamento.
Lo Studio rimane a disposizione per ulteriori chiarimenti.
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